Una nuova ricerca rivela che i tessuti sintetici di colore scuro si degradano più velocemente sotto i raggi solari, liberando migliaia di microfibre: lo studio.
Una recente ricerca – condotta in Cina – ha rivelato un aspetto inquietante dell’abbigliamento quotidiano: il colore dei vestiti, e in particolare le tinte scure, può influenzare la quantità di microplastiche rilasciate nell’ambiente. Uno studio della Chinese Research Academy of Environmental Sciences e della Nanjing University of Information Science and Technology ha dimostrato che i tessuti sintetici di colore intenso, come il nero o il viola, si degradano più velocemente alla luce del sole, liberando migliaia di microfibre nell’acqua marina.
Inquinamento tessile: in cosa consiste
Gli scienziati hanno immerso vari campioni di poliestere colorato in acqua di mare creata mediante simulazione, esponendoli a luce artificiale per dodici giorni, l’equivalente di circa un anno di sole nelle zone costiere.
Durante l’esperimento, è venuto fuori che i tessuti scuri si disgregano con maggiore velocità: da appena 0,1 grammi di tessuto viola sono venute a staccare quasi 47.400 microfibre, mentre quelli verdi ne hanno rilasciate oltre 37.000, i gialli 23.000 e i blu poco più di 14.000.

Gli studiosi hanno spiegato che la luce solare va a corrodere lentamente le fibre. Le radiazioni ultraviolette rompono i legami chimici dei polimeri plastici, favorendo la formazione di molecole ossidanti che intaccano le fibre dall’interno.
Questo processo indebolisce progressivamente i materiali sintetici, fino a farli frantumare in particelle microscopiche. Una volta disperse in mare, queste microplastiche sono ingerite da pesci, plancton e molluschi, entrando così nella catena alimentare e, in ultima analisi, anche nel nostro organismo.
Perché i capi scuri sono più dannosi e rilasciano microplastiche
Secondo i ricercatori, i colori più intensi assorbono una maggiore quantità di energia solare rispetto a quelli chiari. Le tinture utilizzate nei tessuti scuri, spesso a base di composti nitro o azoici, amplificano l’assorbimento dei raggi ultravioletti, accelerando la produzione di radicali liberi, elementi che favoriscono la degradazione delle fibre. I tessuti chiari – invece – riflettono parte della luce, rallentando il processo di deterioramento.
La ricerca ha anche portato alla luce il fatto che la trama del tessuto gioca un ruolo fondamentale: le fibre compatte resistono meglio alla luce, mentre quelle più leggere o a maglia larga si disgregano più facilmente.
Gli studiosi suggeriscono che l’industria tessile dovrebbe puntare su coloranti meno reattivi e su materiali più resistenti alla luce. Anche i consumatori possono contribuire, scegliendo capi in tessuti naturali, lavando meno frequentemente i vestiti sintetici e prediligendo colori chiari.