Vi presentiamo una raccolta di frasi profonde e intense di Liliana Segre, una delle poche sopravvissute ancora in vita della Shoah.
Liliana Segre ha vissuto sulla sua pelle una delle pagine più buie e brutte della storia, l’orrore della Shoah. Per usare le sue parole, “la memoria rende liberi” ed è proprio per questo che ha concentrato tutta la sua esistenza fuori da Auschwitz nel racconto di ciò che è stato e non dovrà più essere. Ripercorriamo la sua vita con le frasi più belle e profonde che ha pronunciato in pubblico.
Le frasi più profonde di Liliana Segre
Classe 1930, Liliana Segre è una delle poche sopravvissute alla Shoah che ancora oggi continua a parlare di una delle pagine più buie della storia. Ha vissuto in prima persona gli orrori dei campi di concentramento, la violenza e la segregazione, affrontando tanti lutti in un’età in cui si dovrebbe vivere solo di sorrisi e spensieratezza. Vogliamo ripercorrere la sua esistenza, che tra l’altro è stata la stessa di tante altre vittime, con alcune delle sue frasi più profonde:
- Ho visto insegnare l’odio, mi ha guarito l’amore.
- Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.
- Prima, durante e dopo la mia prigionia mi ha ferito l’indifferenza colpevole più della violenza stessa. Quell’indifferenza che ora permette che Italia ed Europa si risveglino ancora razziste: temo di vivere abbastanza per vedere cose che pensavo la storia avesse definitivamente bocciato, invece erano solo sopite.
- Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi a un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.
- Quando sono stata liberata io, ormai era primavera avanzata. Era la fine di aprile, forse i primi di maggio. Sulla liberazione di Auschwitz ho letto solo in un secondo momento, quando sono tornata alla vita cosiddetta civile.
- L’indifferenza, sì. A volte, quasi sempre, è più grave della violenza. Perché dalla violenza uno sa che si deve difendere e si prepara, magari poi non ci riesce, però è preparato. Invece l’indifferenza di chi volta la faccia dall’altra parte, di chi non ti saluta più, di chi non si ricorda più di telefonarti, di chiederti come stai e dirti: “Sono vicino a te in questo momento che sei in disgrazia”, è pesantissima, gravissima. Fa male.
- Se si ammettono le parole dell’odio nel contesto pubblico, se si accoglie lo hate speech nella ritualità del quotidiano, si legittimano rapporti imbarbariti. Io l’odio l’ho visto. L’ho sofferto. E so dove può portare. Per questo vado a parlare con gli studenti. Gli racconto un passato figlio dell’odio e del rancore disumano e loro mi ascoltano con un’attenzione di cui non smetto di essergli grata.
- Non mandate i vostri figli in gita ai campi di sterminio. Lì si va in pellegrinaggio. Sono posti da visitare con occhi bassi, meglio in inverno con vestiti leggeri, senza mangiare il giorno prima, avendo fame per qualche ora.
- A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero. L’accoglienza rende più saggia e umana la nostra società.
- La vittima deve essere coraggiosa e denunciare, mentre chi sta intorno non deve essere indifferente e stare con il bullo che sembra più forte. I nazisti ad Auschwitz erano i bulli di allora.
- Sono una delle ultimissime sopravvissute al mondo, e con pessimismo e realismo dico che la Shoah sarà trattata in un rigo nei libri di storia, poi non ci sarà più neanche quello.

Frasi di Liliana Segre per non dimenticare
Dopo aver lasciato Auschwitz per tornare alla vita normale, Liliana Segre non ha parlato per tanto tempo di ciò che aveva vissuto. Poi, come accaduto a tanti altri sopravvissuti, ha capito che quell’orrore non doveva essere dimenticato ma ripetuto alla nausea affinché non si verificasse più niente di simile. Di seguito, un’altra selezione delle sue frasi più intense:
- Non dite mai che non ce la potete fare, non è vero. Io ho sperimentato sulla mia pelle quanto l’uomo sia capace di lottare per rimanere attaccato alla vita. Non appoggiatevi a nessuno: dovete trovare la forza in voi stessi per andare avanti e raggiungere i vostri obiettivi, superando le difficoltà.
- L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza.
- Ad Auschwitz non scegliemmo di attaccarci ai fili elettrificati per scegliere la morte, che sarebbe arrivata in un secondo. Noi scegliemmo la vita, parola importantissima che non va sprecata e non va mai dimenticata nemmeno un minuto. Non bisogna perdere neanche un minuto di questa straordinaria emozione che è la vita. Perché nel tic-tac, che è il tempo che scorre, il tic è già tac.
- Nei campi di sterminio rimasi sola e non rividi più mio padre. Chi è stato ad Auschwitz ha sentito per anni l’odore di carne bruciata: non te lo togli più di dosso. E poi rimani sempre quel numero.
- Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau, ero una ragazza di 14 anni, stupita dall’orrore e dalla cattiveria. Sprofondata nella solitudine, nel freddo e nella fame. Non capivo neanche dove mi avessero portato: nessuno allora sapeva di Auschwitz.
- Mi fa impressione quando senti di barconi affondati nel Mediterraneo, magari 200 profughi di cui nessuno chiede nulla. Persone che diventano numeri anziché nomi. Come facevano i nazisti. Anche per questo non ho mai voluto cancellare il tatuaggio con cui mi hanno fatto entrare ad Auschwitz.
- Siate sempre come la farfalla gialla che vola sopra i fili spinati.
- Poi c’era la notte. E la notte dei lager è una cosa di cui non si parla mai. E la notte dei lager è invece importantissima, perché si sentono le grida di quelli che vanno al gas, si sentono i richiami delle mamme che perdono i bambini, i bambini in tutte le lingue d’Europa, dei mariti che han perso le mogli. E noi sapevamo dove andavano: era la notte.
- Le guardie si spogliarono buttando le armi. Una pistola mi arrivò vicino ed ebbi la forte tentazione di sparare ad una guardia. Avevo visto morire tanti per la sola colpa di essere nati. Ma capii che non ero come lui. Ero libera.
- Ero già una donna libera da anni quando lessi il libro di Primo Levi, e capii che questo sentimento fortissimo, che mi aveva accompagnato durante tutto quel tempo, era stato lo “stupore per il male altrui”. Io non lo avevo mai capito fino in fondo e non avrei saputo dirlo con le mie povere parole. lo fece Primo Levi, e con pochissime parole. “Tutto lo stupore per il male altrui”.
- Indifferenza. Gli orrori di ieri, di oggi e di domani fioriscono all’ombra di quella parola. La chiave per comprendere le ragioni del male è racchiusa in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore.
- Non lo posso dimenticare. Io sono la memoria di quello che è successo.