Il Fuoco di Sant’Antonio fa le va su radici medievali e su una spiegazione medica precisa, legata al virus dell’herpes zoster.
Nell’immaginario collettivo, il fuoco di Sant’Antonio evoca dolore, bruciore e mistero. Dietro questa espressione popolare si cela una malattia ben nota alla medicina moderna: l’herpes zoster. Perché una patologia virale porta il nome di un santo? Scopriamolo insieme.
Fuoco di Sant’Antonio, le origini del nome
Per spiegare questo arcano, dobbiamo risalire al Medioevo, quando Sant’Antonio Abate, figura venerata per le sue virtù taumaturgiche, veniva invocato per guarire dalle afflizioni cutanee.
In Francia, già nel XII secolo, nacque un ordine religioso – gli Antoniani – che si occupava di curare i malati di quelle che venivano chiamate “piaghe di fuoco“, spesso attribuite a cause divine o demoniache. Il legame tra la sofferenza fisica e la protezione del santo divenne così indissolubile da sopravvivere nei secoli, fino ad attribuire il suo nome alla malattia.

Con il passare del tempo, l’espressione “fuoco di Sant’Antonio” fu usata anche per indicare altre infezioni e necrosi cutanee, in un’epoca in cui la medicina non disponeva ancora degli strumenti per distinguere con precisione le diverse patologie dermatologiche. Solo in età moderna si comprese che quella condizione era di natura virale, e il nome popolare rimase come traccia della cultura religiosa e simbolica del passato.
Herpes zoster: il virus dietro il “fuoco”
Dal punto di vista clinico, il fuoco di Sant’Antonio corrisponde all’herpes zoster, riattivazione del virus della varicella (varicella-zoster virus) che può restare silente nell’organismo per anni.
Quando le difese immunitarie si abbassano – per stress, malattie o per l’età avanzata – il virus può “risvegliarsi” e manifestarsi con un’eruzione dolorosa a livello cutaneo, di solito circoscritta ad una parte del corpo. Le vescicole, disposte lungo il decorso di un nervo, creano una sensazione di bruciore intenso, da cui deriva l’immagine del “fuoco“.
Il termine zoster, dal greco zōstēr, significa “cintura” e descrive la tipica disposizione a fascia dell’eruzione, che ricorda un serpente di fuoco che avvolge il corpo. La malattia non è contagiosa in sé, ma può trasmettere la varicella a chi non è mai stato infettato e/o vaccinato. Per questo è importante evitare contatti diretti con le lesioni, soprattutto in presenza di bambini, donne in gravidanza o persone immunodepresse.
Oggi, grazie a diverse terapie antivirali e vaccini specifici, il fuoco di Sant’Antonio può essere prevenuto e curato in modo efficace.