La Legge di Bilancio conferma per il 2026 le stesse condizioni per la pensione di vecchiaia, senza adeguamenti all’aspettativa di vita e con la proroga delle principali misure di accompagnamento.
La Legge di Bilancio ha confermato integralmente i requisiti già in vigore per la pensione di vecchiaia, offrendo un quadro di continuità che consente ai lavoratori di pianificare con maggiore certezza il proprio percorso di uscita dal mercato del lavoro.
Pensione di vecchiaia 2026: requisiti invariati e soglia minima da rispettare
Per tutto il 2026, il diritto alla pensione di vecchiaia continuerà a maturare al compimento dei 67 anni di età , a condizione di aver versato almeno 20 anni di contributi. Si tratta degli stessi parametri applicati negli ultimi anni, senza alcun innalzamento legato all’aspettativa di vita.

Tuttavia, per una parte dei lavoratori resta in vigore una condizione aggiuntiva. Chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1995, rientrando interamente nel sistema contributivo, deve dimostrare che l’importo della pensione maturata raggiunga almeno il valore dell’Assegno sociale. Il riferimento economico resta quello fissato per il 2025, pari a 538,69 euro mensili.
Questa regola incide soprattutto sulle carriere discontinue o caratterizzate da lunghi periodi di lavoro precario. In assenza di tale requisito economico, l’accesso alla pensione di vecchiaia potrebbe essere rinviato, nonostante il raggiungimento dell’’età anagrafica.
Aspettativa di vita e APE sociale: cosa cambia e cosa resta nel 2026
Un altro elemento di rilievo riguarda l’adeguamento all’aspettativa di vita. Per il 2026, non sono previsti aumenti dei requisiti anagrafici, che resteranno bloccati a 67 anni. Il primo adeguamento scatterà solo dal 2027, quando il limite salirà , seppur in modo contenuto, a 67 anni e un mese. Si tratta di un incremento parziale, che segna – però – la ripresa del meccanismo automatico di aggiornamento.
Sul fronte delle misure di anticipo, è confermata – fino al 31 dicembre 2026 – la possibilità di accedere all’APE sociale. Tale strumento consente a determinate categorie di lavoratori di ottenere un’indennità ponte a partire dai 63 anni e 5 mesi, accompagnandoli fino alla maturazione della pensione di vecchiaia. L’importo è calcolato sulla base dei contributi versati e non costituisce una pensione vera e propria, ma un sostegno temporaneo.
Vi si può accedere nei casi di disoccupazione involontaria, di assistenza a familiari con disabilità grave, ma anche nel caso in cui vi sia una invalidità personale pari o superiore al 74% o lo svolgimento di attività considerate gravose.
In questi casi, infatti, è richiesta un’anzianità contributiva minima di 30 anni, che sale a 36 anni per chi svolge lavori particolarmente pesanti.