Paola Ferrari sembra abbia sofferto di depressione durante la gravidanza: ora forse, pensa all’utero in affitto per dare il terzo figlio al marito

Paola Ferrari sembrerebbe avere il desiderio di dare un terzo figlio al marito Marco De Benedetti: le prime due gravidanze però, pare siano state decisamente difficili. Da quello che riporta Fanpage, la giornalista starebbe pensando di ricorrere all’utero in affitto: sembra abbia raccontato il suo pensiero durante una lunga intervista rilasciata a VanityFair. Sul tema, Paola Ferrari, pare avere le idee molto chiare e riesce a condividerle con la schiettezza che da sempre la contraddistingue. La giornalista è già madre di due ragazzi: Alessandro di 17 anni e Virginia di 16 e chissà che a questo punto, non voglia realmente stringere molto presto tra le braccia un altro bambino, in quanto l’età sicuramente non la spaventa.

Intervista a VanityFair di Paola Ferrari

Da quello che riporta Fanpage, Paola Ferrari durante l’intervista a VanityFair avrebbe affermato:

”Trovo che in questo Paese ci sia un’esagerata mistica della maternità, che per di più si pretende valga per tutte: non è vero che la gravidanza è il periodo più bello per ogni donna, non è vero che durante quei nove mesi tutte instauriamo un rapporto simbiotico con il bambino. Rispetto quelle che hanno avuto la fortuna di viverla così, sono felice per loro, ma non siamo tutte uguali.

Io, per esempio, ho avuto gravidanze molto difficili. Sono stata malissimo fisicamente, ho anche attraversato una depressione. Non vedevo l’ora che finissero, il che non significa che non ami i miei figli o che li ami di meno.

E come me, ce ne sono tante altre. Il problema è che abbiamo paura di ammetterlo perché noi donne siamo ancora prigioniere dei pregiudizi. Ci si aspetta che soffriamo e partoriamo senza un lamento né un limite al dolore”.

Durante l’intervista, la giornalista pare abbia affrontato anche il tema della maternità surrogata, verso la quale sembrerebbe avere un parere positivo:

“In quello che ho visto io non c’è neppure l’ombra dello sfruttamento. Sono donne normali, di ceto medio e mediamente colte, madri di famiglia, quasi tutte con due figli, che mettono a disposizione di altre donne la loro facilità di procreare, ma solo quella: il materiale genetico non può essere il loro.

Vivono la gravidanza con naturalezza, condividendola con la propria famiglia, che partecipa. Vengono pagate, ma il denaro non è l’unica motivazione: si sentono utili e hanno il piacere di fare un dono così importante. Lo scopo è nobile, non c’entra nulla con la prostituzione: quella sì che è sfruttamento, eppure chi va con le prostitute non finisce in galera.

Comunque, l’incontro con la surrogata è il passaggio più delicato di tutto il percorso. E infatti lì per ora mi sono fermata. Ma non è detto che non decida di andare avanti, in un futuro prossimo.

 

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ultimo aggiornamento: 24 Marzo 2016 9:45


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