Stefano Vitelli è citato come esempio di magistrato “garantista”, la sua sentenza è oggetto di studio giuridico, sul ragionevole dubbio.
Il magistrato Stefano Vitelli è diventato un nome noto per il suo operato. Si ricorda che ha assolto in primo grado Alberto Stasi, accusato dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi nel caso del delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007. Scopriamo di più su di lui.
Biografia e carriera di Stefano Vitelli
Mancano riferimenti biografici precisi e dettagliati su Stefano Vitelli, mentre si hanno a disposizioni informazioni sulla sua formazione e professione. Nato a Viareggio il 7 gennaio 1974, sotto il segno del Capricorno nel 1998 ha conseguito, con il massimo dei voti, la laurea magistrale in Giurisprudenza. Una laurea conseguita presso l’Università di Pisa, con una tesi in diritto penale, dal titolo: “La scriminante dell’ordine del superiore nel diritto penale”.
Dopo aver vinto il concorso nazionale per l’accesso alla Magistratura, nel 2000, ha intrapreso il percorso per l’uditorato giudiziario presso la Corte di Appello di Firenze. Nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2008, ha assunto la carica di Giudice di primo grado civile e penale presso il Tribunale di Vercelli. In più, ha svolto per un breve tempo applicazione extradistrettuale al Tribunale del Riesame di Perugia.
Con funzione di GIP/GUP presso il Tribunale di Vigevano, dal 2008 al 2012, ha avuto modo di occuparsi come Giudice di primo grado della sentenza nei confronti di Stasi Alberto. In seguito, ha svolto servizio con funzione di GIP/GUP presso il Tribunale di Torino e presso la Sezione Penale della Corte di Appello di Torino.
Stefano Vitelli in qualità di relatore ha presenziato seminari, e tenuto lezioni sul tema del ragionevole dubbio in ambito giudiziario. Inoltre, ome autore ha pubblicato saggi e libri. Tra le sue pubblicazioni: “Sull’ammissibilità della revisione il parere del pubblico ministero non è previsto”, commento alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 2012. Ma ha anche presentato il testo: “Il fenomeno ‘Lolita’ e i profili di qualificazione degli atti sessuali con minorenni: tra diritto e società” in “Legislazione penale”. Inoltre ha commentato la sentenza della Cassazione penale, Sezioni Unite, 2013, “Furto al supermercato e mezzo fraudolento: in rilievo il principio di offensività”.
Inoltre, ha pubblicato: “Il filosofo poliziotto: fra prova ed abduzione” (“Archivio penale”, 2015); “I maltrattamenti ‘ambientali’ tra prassi applicativa e riforme legislative (“Legislazione penale” on line, luglio 2015). Si è anche occupato del testo “Atti sessuali e minore gravità nel delitto di violenza sessuale” (“Archivio penale” on line, 2016) e dell’articolo “La tematica causale con particolare riguardo ai rapporti fra amianto e carcinoma polmonare in lavoratori fumatori” in “Diritto penale contemporaneo”, 2018.
Il suo ruolo nel delitto di Garlasco
Nel 2009, Vitelli ricopriva la funzione di Giudice per le Udienze Preliminari (GUP) presso il Tribunale di Vigevano, in provincia di Pavia. Il processo si svolse con rito abbreviato, su richiesta della difesa di Stasi, ed il 17 dicembre 2009, emise la sentenza di assoluzione. Una sentenza scaturita da “insufficienza di prove”, e basandosi sul principio del “ragionevole dubbio”.
Vitelli motivò la decisione sottolineando la mancanza di un movente chiaro. Inoltre rilevò dubbi sull’alibi informatico (Stasi stava lavorando alla tesi di laurea sul suo PC nelle ore cruciali, come verificato dallìanalisi dei tecnici), criticità temporali (solo 23 minuti per commettere il delitto, ritenuti “problematicamente compatibili”) ed incongruenze su un’impronta digitale di Stasi, trovata sul dispenser del bagno della vittima (possibilmente lasciata in un contesto innocuo, come la sera precedente).
La sentenza fu ribaltata in appello, con condanna di Stasi a 24 anni, poi ridotta, e confermata in Cassazione nel 2015. Così Stasi è stato condannato a scontare 16 anni. La Corte d’appello di Milano confermò l’assoluzione nel dicembre 2011, ma nell’aprile 2013 la Cassazione annullò la sentenza e dispose un nuovo giudizio di secondo grado.
In appello bis (dicembre 2014), una nuova perizia sulla camminata ha portato alla condanna a 24 anni, ridotta a 16 con rito abbreviato. Poi nel dicembre 2015 è arrivata la conferma della condanna da parte della Cassazione.
Vitelli ha più volte ribadito che rifarebbe la stessa scelta, enfatizzando il valore del dubbio. Un elemento che ha definito come il pilastro della giustizia democratica: “Meglio un colpevole fuori che un innocente in galera”.
Dopo il caso, Vitelli, trasferito alla sezione Riesame del Tribunale di Torino, ha avuto modo di occuparsi di impugnazioni di misure cautelari e decisioni preliminari. In seguito, nel corso del 2025 quando si è tornato a parlare del caso Garlasco, Vitelli ha rilasciato diverse interviste, interpellato sul caso da: Corriere della Sera, Vanity Fair, Quarto Grado e La Stampa.
Quando l’attenzione mediatica è tornata ad interessarsi dell’uccisione di Chiara Poggi, in occasione di riaperture investigative (ad esempio, su Andrea Sempio), Vitelli è diventato un referente autorevole. Il magistrato ha difeso, a distanza di anni, la sua sentenza come “sacrosanta”, alla luce degli elementi disponibili all’epoca. In più, ha criticato la “semplificazione” mediatica ed invitato a riflettere sul rischio di errori giudiziari.
La vita privata di Stefano Vitelli
Riguardo alla sua vita privata, le informazioni pubbliche disponibili risalgono principalmente al periodo intorno al 2010. All’epoca aveva una compagna, Giulia, avvocato originaria di Viareggio, descritta come una donna “che sembra una modella”. Insieme hanno avuto un figlio di nome Biagio, nato intorno al 2008-2009.
Nel corso del 2025, ha concesso diverse interviste con la stampa, nelle quali ha commentato il suo ruolo di magistrato. Con la stampa ha accennato anche al suo ruolo di padre. Inoltre, la fede all’anulare sinistro confermerebbe che è sposato, oltre ad essere padre.
Curiosità su Stefano Vitelli
– Sin dal 2009, si è conquistato la definizione di “magistrato scrupoloso ed imprevedibile”, considerato una persona rigorosa e precisa.
– Delle sue radici toscane gli sono rimasti il marcato accento, ma anche la battuta pronta.
– Al giudice Vitelli si devono delle frase chiavi che si sono imposte all’attenzione di giornalisti e colleghi. Come nel caso del principio: “Meglio un colpevole fuori che un innocente dentro”. Una tesi che avvalora il primato del ragionevole dubbio.
– Inoltre, ha fatto storia la sua motivazione all’assoluzione di Stasi: “Nel momento in cui ho ritenuto non fossero sufficienti a provare oltre ogni ragionevole dubbio la sua responsabilità, io in scienza e coscienza dovevo assolvere”.