Le città italiane molto pericolose sul tema della sicurezza e della mobilità stradali: ecco i dati elaborati nello specifico.
Il tema della sicurezza stradale in Italia continua a destare preoccupazione. Secondo l’analisi condotta dal Centro IRCM, che ha elaborato i dati ISTAT relativi al periodo 2016-2024, alcune aree urbane presentano indici di rischio decisamente superiori alla media nazionale.
L’indicatore IPS: come si misura il rischio
Per valutare la pericolosità della mobilità urbana viene utilizzato l’Indice di Pericolosità Stradale (IPS), un coefficiente che tiene conto di più fattori: il numero di incidenti con feriti o vittime, la spesa comunale destinata alla manutenzione delle strade e un correttivo legato alle dimensioni delle città, dove la densità abitativa e il traffico moltiplicano le probabilità di incidenti. Un valore più alto equivale a una maggiore esposizione al rischio.

Al primo posto, con un dato che stacca nettamente tutte le altre, si conferma Roma, che raggiunge un IPS pari a 450,30. La Capitale paga il prezzo di un traffico caotico e di una rete stradale non sempre all’altezza.
Segue Milano, che occupa la seconda posizione con un coefficiente di 323,73, a testimonianza di criticità diffuse anche nel capoluogo lombardo.
Il terzo gradino del podio spetta a Genova, con un valore di 197,74, mentre Firenze si colloca subito dopo con 171,49. Torino completa la top five con 165,18, confermando come le grandi città restino quelle più esposte.
Il resto della classifica delle città più pericolose sul piano della mobilità
La seconda parte della graduatoria mostra Bologna al sesto posto con 137,34, seguita da Napoli a quota 126,44. Sorprende la presenza di due centri medio-grandi: Bergamo, ottava con 124,48, e Venezia, nona con 117,98. A chiudere la top ten troviamo Verona, che registra un indice di 113,17.
Il quadro nazionale non appare rassicurante: nel 2024 si sono verificati 173.364 incidenti stradali, con 3.030 vittime e 233.853 feriti. La mortalità si attesta a 51 decessi per milione di abitanti, valore che colloca l’Italia ben al di sopra della media europea, pari a 45.
Con il 19° posto nella graduatoria continentale, il Paese mostra un ritardo evidente. Per ridurre il gap servono investimenti più consistenti nella manutenzione delle infrastrutture, ma anche una trasformazione culturale che promuova comportamenti di guida più prudenti e responsabili.