Ex politico e sindacalista, Fausto Bertinotti ha per decenni rappresentato il cuore pulsante della sinistra radicale nel nostro Paese.
La carriera di Fausto Bertinotti si è distinta per l’impegno nel movimento sindacale e nella politica, con un’ideologia che ha legato insieme: comunismo ingraiano, socialismo lombardiano, pacifismo e vicinanza ai movimenti sociali radicali, come quello no-global. Di seguito, una panoramica della sua biografia e carriera.
Biografia di Fausto Bertinotti
Nato il 22 marzo 1940 a Milano, sotto il segno dell’Ariete, Fausto Bertinotti, figlio di Enrico, macchinista delle Ferrovie dello Stato, e Rosa, casalinga, è cresciuto nel quartiere operaio di Precotto. Secondogenito dopo il fratello Ferruccio, anche lui ferroviere, ha preso il diploma nel 1962 come perito elettronico presso l’istituto Omar di Novara, con qualche anno di ritardo a causa di bocciature.
Nel 1957, la sua famiglia si è trasferita a Varallo Pombia, comune in provincia di Novara e paese natale del padre.
L’impegno sindacale di Bertinotti
Bertinotti nel corso degli anni Sessanta ha rappresentato una voce fondamentale per i lavoratori. Nel 1964 è entrato nella CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), diventando segretario della locale Federazione Italiana Operai Tessili (FIOT) a Sesto San Giovanni, un’area industriale chiave. Nel 1967 ha poi assunto la presidenza della Camera del Lavoro di Novara, consolidando la sua leadership nel sindacato.
Nell’arco di tempo compreso tra il 1975 ed il 1985 ha svolto la mansione di segretario regionale della CGIL Piemonte, partecipando attivamente alle grandi lotte operaie dell’epoca, come quella dei lavoratori della Fiat, che ha portato all’occupazione di 35 giorni della fabbrica di Mirafiori nel 1980.
Si è messo in evidenza come sindacalista autentico e duro, sostenendo scioperi ed azioni dirette contro le “ingiustizie della classe padronale”. Nel 1985 ha fatto il suo ingresso nella segreteria nazionale della CGIL, occupandosi di politica industriale, e poi del mercato del lavoro. All’interno del sindacato, ha guidato la corrente di sinistra “Essere Sindacato”, critica verso le posizioni moderate della confederazione.
Nel 1991, durante il congresso nazionale CGIL, ha formalizzato l’opposizione, dando vita ad una minoranza organizzata. Nel 1994, ha abbandonato gli incarichi sindacali, accettando la segreteria del Partito della Rifondazione Comunista (PRC), segnando il passaggio definitivo alla politica attiva.
La sua carriera politica
Oltre al suo ruolo di sindacalista, Bertinotti è stato anche un politico, con una carriera che ha avuto inizio attorno agli anni Sessanta. Va sottolineato che il suo impegno sindacale ha influenzato profondamente la sua visione politica.
Fausto Bertinotti ha intrapreso la militanza politica nel Partito Socialista Italiano (PSI), nella corrente di sinistra di Riccardo Lombardi. Nel 1966, in dissenso con l’ingresso del PSI al governo, ha aderito al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP). Nel 1972, con lo scioglimento del PSIUP, è entrato nelle fila del Partito Comunista Italiano (PCI), avvicinandosi alla corrente di Pietro Ingrao.
Per anni (1991-1993) si è opposto allo scioglimento del PCI ed alla nascita del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Ma alla fine ha seguito il consiglio di Ingrao, decidendo di aderire temporaneamente al nuovo partito. Così nel 1993 ha lasciato il PDS per schierarsi tra i membri del Partito della Rifondazione Comunista (PRC).
Dal 1994 al 2006 ha svolto la sua carriera nel partito PRC, ricoprendo l’incarico di Segretario ha guidato il partito verso posizioni di sinistra radicale, svolgendo un ruolo chiave nel panorama politico italiano. La sua leadership si è contraddistinta per dei momenti alquanto controversi, come ad esempio il ritiro dell’appoggio al governo di Romano Prodi nel 1998, che ne ha provocato la caduta.
Nel periodo 2006-2008 è stato eletto presidente della Camera dei Deputati, dopo la vittoria dell’Unione di Prodi, per poi dimettersi da segretario del PRC. Dopo il fallimento della coalizione Sinistra Arcobaleno e le elezioni del 2008, ha deciso di ritirarsi dalla politica attiva, pur rimanendo un intellettuale di riferimento per la sinistra.
Dopo il ritiro dalla politica
Nel 2007 ha fondato la rivista “Alternative per il socialismo”: una vetrina per la pubblicazione di saggi su lavoro, democrazia e pacifismo. Anche dopo il ritiro dalla politica, ha scelto di essere un intellettuale attivo, contribuendo al dibattito su argomenti che hanno sostenuto il suo impegno come sindacalista ed uomo politico.
Dopo il ritiro non sono mancate apparizioni televisive in talk show o programmi di approfondimento – come Tagadà, Otto e mezzo e Piazzapulita – con interventi su temi legati al lavoro, alla crisi della sinistra, alla pace e alle dinamiche sociali.
Come autore ha dato alle stampe numerosi saggi, tra cui: “La camera dei lavori” (1987), “Tutti i colori del rosso” (1995) e “Non violenza – Le ragioni del pacifismo” (2004).
La vita privata di Fausto Bertinotti
Nel 1965 ha sposato Gabriella Fagno, detta Lella, in una cerimonia religiosa per volere della madre, nonostante Bertinotti si sia dichiarato pubblicamente non credente. Nel 1970 la coppia ha avuto un figlio, Duccio, chiamato così in onore del partigiano Duccio Galimberti.
Dove vive?
Dopo il ritiro dalla politica, Bertinotti vive a Roma con la moglie, mantenendo il contatto con la vita pubblica attraverso conferenze, interventi televisivi e pubblicazioni.
Indiscrezioni sul suo assegno pensionistico
La sua pensione, secondo alcune fonti, ammonterebbe a circa 4.852 euro mensili, frutto della lunga carriera sindacale e da parlamentare.
Curiosità su Fausto Bertinotti
– Bertinotti mantiene una presenza limitata e non particolarmente attiva sui social, in linea con il suo profilo di intellettuale e politico in pensione. La sua attività social si concentra principalmente su Facebook, dove esiste una pagina a lui dedicata, ed in misura minore su X, dove non gestisce un account personale ufficiale ma è spesso citato in merito a discussioni.
– Fausto Bertinotti rappresenta una figura controversa: come sindacalista un simbolo di coerenza nella difesa dei lavoratori e dei valori di sinistra; come politico invece un nome non immune da critiche. In particolare ha ricevuto pesanti critiche, per il suo peso nella crisi del governo Prodi I e per uno stile di vita percepito come distante dai suoi ideali. Celebre ad esempio la polemica sui maglioni di cachemire, smentita dalla moglie come esagerazione.
– Il sigaro – suo fedele compago – insieme ai maglioni di cachemire ed alla passione per l’arte (tra cui le serigrafie di Andy Warhol, collezionate nella sua casa romana), è diventato un simbolo uchiamato in causa dai suoi critici, per dipingerlo come un personaggio che si è allontanato dalle radici proletarie.
– Tra gli aspetti salienti della sua azione sindacale, si deve segnalare che Bertinotti si è sempre schierato a favore di azioni sindacali incisive, come scioperi ed occupazioni, per contrastare le disuguaglianze di classe. Con “Essere Sindacato”, ha sfidato la linea conciliatoria della CGIL, spingendo per un sindacalismo più conflittuale e vicino alle esigenze della classe operaia. Di fatto è entrato in contrasto con sindacalisti più moderati, come Sergio Cofferati, con cui ha intessuto una lunga polemica.
– La sua carriera politica ha fortemente risentito del suo background sindacale: nel PRC, ha portato avanti battaglie per i diritti dei lavoratori e contro le riforme neoliberiste.