Pino Astuto, portato in manicomio all’età di appena 9 anni, ne ha trascorsi ben 32 nella struttura senza che avesse alcuna patologia: scopriamo l’incredibile storia dell’uomo.
Ripercorriamo la storia di Pino Astuto, l’uomo rinchiuso per oltre trent’anni in manicomio, nonostante non avesse alcuna patologia né una diagnosi. Un caso giudiziario unico: ecco tutto quello che sappiamo sulla sua vita, la biografia, gli anni in manicomio e cosa fa oggi Pino Astuto.
Pino Astuto, chi è: biografia e carriera
Nato presumibilmente nel 1958 in Calabria (non conosciamo la sua data né il luogo di nascita esatti), Giuseppe Astuto, conosciuto come Pino, non ha vissuto un’infanzia simile a quella della maggior parte dei bambini.
All’età di 9 anni, il 12 dicembre 1967, fu internato per la prima volta in manicomio a Girifalco – dove vive ancora oggi – a seguito di un tentativo di furto di pane. È stato lo stesso Pino a raccontare a Fanpage.it cosa accadde poco prima di essere internato.
Il bambino fu mandato da sua madre a comprare il pane, ma fu colto dalla fame durante il tragitto. “Mangiai tutto il pane appena preso al mercato mia madre mi avrebbe riempito di botte, perciò sono tornato indietro per provare a rubare un filone ma sono rimasto chiuso nel negozio e la mattina dopo mi hanno beccato”, ha raccontato.
Fu portato via dalla polizia e rinchiuso in manicomio, senza più vedere sua madre – non sarebbe mai andata a trovarlo -, per metà della sua vita. Il motivo del ricovero sarebbe contenuto nella sua cartella clinica: la diagnosi parla di “carenza affettiva”. L’uomo fu ricoverato per “ragioni umanitarie”.
La legge Basaglia, che sancì la chiusura dei manicomi nel 1978, non portò subito alla liberazione di Pino, che dovette attendere quasi vent’anni prima di essere dimesso.
Oggi Pino Astuto vive della sua piccola pensione e fa l’artigiano, dando nuova vita agli oggetti.
Il caso giudiziario
Determinato a ottenere giustizia per l’ingiustizia subita, Pino Astuto si rivolge a numerosi avvocati finché non incontra Serenella Galeno, che decide di prendere in carico il suo caso.
Si tratta di un processo senza precedenti: un ex internato in manicomio che chiede un risarcimento per gli anni di vita perduti.
Dopo dieci anni di battaglie legali, ottiene 50mila euro come riconoscimento della responsabilità dei sanitari per il ricovero illegittimo e del danno non patrimoniale derivante dalla mancata possibilità di crescere in un contesto familiare.
La somma fu calcolata solo fino al compimento della maggiore età, come se Pino, una volta diciottenne, avesse avuto la possibilità di andarsene ma avesse scelto di restare. Tuttavia, è solo nel 1999 che l’ospedale ne firma ufficialmente le dimissioni, dimostrando che la sua permanenza poteva essere interrotta ben prima.
La vita privata
Anche la vita privata di Pino Astuto è stata resa per gran parte del tempo inesistente, a causa della sua permanenza in manicomio, pur senza soffrire di alcuna patologia psichiatrica.
Rispetto alla sua vita familiare, sappiamo che Pino è l’ultimo di sei figli, cresciuto senza la figura paterna e con una madre dal carattere rigido e severo.
Solo dopo essere uscito dal manicomio, nel 1999, ha potuto rifarsi una vita. Sappiamo, infatti, che Pino ha una moglie, Angela (ma non conosciamo l’anno del matrimonio né altri dettagli sulla donna).
Le curiosità su Pino Astuto
– Non ha potuto frequentare la scuola, né imparare a leggere e a scrivere.
– Durante gli anni trascorsi in manicomio non ha mai potuto festeggiare le feste di Natale e Pasqua.
– Nei primi sei mesi da internato, è stato legato al letto: erano gli altri ospiti del manicomio a dargli da mangiare.
– Nel suo paese è considerato “il pazzo”. “Ma non mi chiamano così per cattiveria è che tutti sanno che sono cresciuto lì. Ma nessuno mi dà un lavoro, forse hanno paura che con un attrezzo in mano io chissà cosa potrei fare”, ha raccontato a LaCNews.it.
– Colleziona penne, che per lui hanno un significato profondo, non avendone mai potute avere da bambino.
– La sua storia è stata al centro di diverse trasmissioni Tv, da Le Iene a Che ci faccio qui.