Il nome di Enzo Tortora appartiene alla storia della tv italiana, ma anche a una delle pagine più controverse e perverse della giustizia italiana.
Chi era davvero Enzo Tortora lo si è capito alla fine della sua storia, quando la sua memoria di uomo innocente vittima di malagiustizia è emersa dal limbo delle infondate accuse che lo portarono ingiustamente alla reclusione. La vita e la morte del celebre conduttore di Portobello sono il sintomo di un profondo disagio giudiziario, diventato una delle piaghe insanabili della cronaca italiana. Tortora, morto senza macchia dopo un’esistenza imbrattata dalla cecità delle istituzioni e dei media.
Chi era Enzo Tortora?
Enzo Tortora è nato a Genova, sotto il segno del Sagittario, il 30 novembre 1928. All’anagrafe anche i nomi Claudio e Marcello, figlio di genitori napoletani e stella inarrivabile del piccolo schermo anni ’60 e ’70. La sorella, Anna Tortora, è nota come autrice televisiva (con cui lo stesso conduttore ha collaborato).
Giornalista, presentatore e uomo politico di grande spessore, Enzo Tortora è morto a Milano, il 18 maggio 1988, quasi un anno dopo la sua definitiva assoluzione in un processo che ha segnato la storia nazionale.
Vittima di un clamoroso errore giudiziario, vittima del pregiudizio e della cattiveria umana. A ucciderlo un tumore ai polmoni, anche se la sua morte è iniziata con le infondate accuse che lo hanno visto finire in carcere.
La vita privata di Enzo Tortora
Il conduttore ha sposato Pasqualina Reillo, madre della figlia Monica, il 26 dicembre 1953 a Rapallo. Sei anni dopo, nel 1959, il matrimonio si è concluso con l’annullamento dalla Sacra Rota.
Le seconde nozze sono arrivate nel 1964, con Miranda Fantacci. Dalla moglie (da cui ha divorziato nel 1972) ha avuto le figlie Silvia e Gaia, entrambe con una carriera da giornaliste.
L’ultima donna della sua vita è stata Francesca Scopelliti, compagna fino alla fine dei suoi giorni e destinataria delle sue missive dal carcere, poi raccolte nel libro Lettere a Francesca. Il conduttore le scrisse nei 7 mesi della sua prigionia, dal giugno 1983 al gennaio 1984.
Il caso Tortora
Il caso Tortora è uno dei più incandescenti capitoli giudiziari della storia, un calvario processuale di imperitura memoria. Il giornalista è finito sotto accusa per presunte affiliazioni alla camorra, reati mai commessi che si sono tradotti nel più incredibile arresto che la tv italiana abbia mai documentato.
A lanciare i primi pesanti sospetti sulla sua figura sarebbero stati alcuni pregiudicati: Giovanni Pandico, Giovanni Melluso ‘il bello’ e Pasquale Barra. Le loro dichiarazioni hanno accostato Enzo Tortora al sinistro profilo di Raffaele Cutolo, boss a capo della Nuova Camorra Organizzata.
È da qui che tutto è partito, da qui che le indagini hanno imboccato la via verso l’arresto del conduttore con l’accusa di traffico di stupefacenti e associazione a delinquere di stampo mafioso.
Tutte le contestazioni mosse a Enzo Tortora si sono rivelate prive di fondamento, ma soltanto dopo una gogna giudiziaria e mediatica senza precedenti. 19 i pentiti gravitanti intorno al caso, le cui false testimonianze hanno danneggiato irreversibilmente la vita del presentatore.
Secondo l’accusa, a inchiodare Tortora sarebbe stato un appunto preciso sull’agendina trovata a casa del camorrista Giuseppe Puca ‘O’Giappone’. Su una pagina un cognome, ricondotto erroneamente al conduttore e poi rivelatosi di un tale Tortona.
Rilasciato nel gennaio 1984, il 17 settembre 1985 è stato condannato a 10 anni di reclusione. La sua totale estraneità ai fatti contestati è stata riconosciuta in via definitiva il 15 settembre 1986, con l’assoluzione disposta dalla Corte d’appello di Napoli. Una sentenza pesante come un macigno su chi ha infangato l’onorabilità di Tortora, confermata in Cassazione nel 1987.
Il ritorno di Enzo Tortora a Portobello
Quella di Enzo Tortora suona come una riabilitazione mai del tutto compiuta, perché i suoi anni più belli, macchiati da ingiuste accuse, non si possono restituire incolumi alla dimensione di innocenza che ha sempre caratterizzato la sua anima.
Il conduttore, con un passato da eurodeputato nel Partito Radicale, è tornato in televisione, al timone del suo storico show Portobello, il 20 febbraio 1987. Una standing ovation lo ha accolto in studio, prima del suo celebre saluto introdotto da una formula che resterà impressa nella storia del piccolo schermo: “Dunque, dove eravamo rimasti?“.
Lui è rimasto lì, nel ricordo di quanti lo hanno amato e hanno sempre creduto nella sua purezza. La giustizia, per una volta, dall’altra parte: quella sbagliata.
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