I vestiti second hand aprono le porte ad un nuovo mercato: nel 2023 il nostro armadio sarà più vintage.

La nuova direzione del fashion system attenta ad una produzione sostenibile e che cerca di fare del “riciclo” una tendenza da indossare e valorizzare è senz’altro complice della lenta crescita del mercato second hand, a cui la Gen Z con il suo sentimento curioso e nostalgico verso il passato ha senza dubbio contribuito, influenzando anche i millennial. D’altronde l’esplosione del trend Y2K che spopola da questa primavera non è che la naturale constatazione: pensate solo alla gioia dei millennial di trovarsi un guardaroba alla moda già bello e fatto da indossare, se non alla possibilità di rivendere pezzi unici e introvabili perché esclusivamente nati e acquistati in quel periodo.

Inizialmente la passione per i mercatini vintage e la caccia al pezzo d’abbigliamento di collezioni limitate lanciate nel passato o di capi usati, che un tempo si diceva non si portassero più, pareva appannaggio underground condiviso da estimatori del passato, oggi invece la musica è cambiata: il second hand sembra sarà il mercato più in crescita nel 2023 che nutrirà i nostri armadi.

Second hand: vestiti usati e di seconda mano, una valore e un patrimonio in crescita

Qualche numero per comprendere il fenomeno a cui stiamo assistendo è importante. Rispetto al 2020 infatti il mercato second hand ha triplicato il suo valore secondo quanto riportato da Boston Consulting Group e Vestiaire Collective, piattaforma leader nella rivendita di moda di seconda mano, crescendo tra i 100 e i 120 miliardi. Sebbene questa fetta di mercato sia ancora in crescita, si stima che nel 2023 il 27% dei nostri armadi sarà costituito da capi usati.

Chi sono i maggiori consumatori che stanno incrementando questa tendenza? La Gen Z è in testa con un 31% di propensione all’acquisto e un 44% alla vendita, seguiti dai millennial, giovani di diverse fasce d’età che stanno senz’altro cambiando le loro abitudini d’acquisto, volte ad una maggiore consapevolezza dell’impatto che la moda e i vestiti hanno sull’ambiente.

Il second hand infatti riesce ad unire due necessità: quella di sentirsi trendy e personalizzare il proprio abbigliamento inquinando quanto meno possibile. Inoltre essendo la moda ciclica, rivendere un capo è anche l’occasione per riacquistare con i soldi della vendita un altro capo o accessorio che si desidera. Ecco perché i grandi brand, ma presto dovrebbe toccare anche al fast fashion soffermarsi sulla questione, stanno decidendo seriamente di accogliere e fare proprio questo mercato. Gucci e Balenciaga sono gli esempi più evidenti.

Caccia al pezzo unico, un catalogo variegato e decluttering:ecco perché l’usato piace

Non c’è però solo una sensibile attenzione all’ambiente. L’usato piace anche perché propone un catalogo di accessori e abbigliamento in crescita continua, stimolando anche un certo piacere nel ricercare e aggiudicarsi quel pezzo limitato prima di altri. Una sorta di vanità nel rendere il proprio stile ancora più personale.

A ciò si aggiunge anche l’esigenza non solo di rinnovare ma anche svuotare gli armadi per questioni di spazio, motivo che spinge ben il 60% di chi vende articoli usati, ma anche a utilizzare i soldi della vendita per acquistare articoli di seconda mano, prima mano o altro, motivazione che spinge lo stesso target in una stima che va dal 20 al 39%. Insomma, il motto del prossimo anno sarà Vestiti in circolo.

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