Un’intesa istituzionale presenta un nuovo sistema di integrazione pensioni per aiutare i cittadini più fragili.
Grazie ad una convenzione tra INPS e Provincia Autonoma di Bolzano, dal 24 settembre 2025 è possibile garantire un importo minimo di 1.000 euro mensili a chi percepisce trattamenti inferiori e ha già compiuto 65 anni. In questo modo, si punta a migliorare il welfare locale, offrendo tutele più solide a chi si trova in condizioni economiche difficili. Scopriamo, dunque, insieme come funziona e chi ne ha diritto.
Integrazione delle pensioni: come funzioni e a chi spetta
Il provvedimento riguarda i pensionati residenti in Alto Adige che abbiano un reddito mensile inferiore alla soglia dei 1.000 euro e un ISEE non superiore ai 20 mila euro.
A beneficiare dell’integrazione saranno i titolari di pensioni di vecchiaia, anticipate, di invalidità, nonché ai superstiti e sociali. Ma la novità più rilevante è il fatto che, in tale misura, sono incluse anche le casalinghe, che – in molti casi – percepiscono assegni previdenziali particolarmente bassi.
La convenzione, firmata dal presidente dell’INPS, Gabriele Fava e dal presidente della Provincia Arno Kompatscher, prevede un’integrazione diretta della pensione fino al raggiungimento della soglia minima.
Le differenze rispetto al resto d’Italia
Il quadro pensionistico del Trentino-Alto Adige è diverso da quello nazionale. Secondo i dati INPS, al 31 dicembre 25 024 i pensionati della regione erano 262.401, con una distribuzione di genere che vede le donne al 51%.
L’importo medio delle pensioni nella regione resta comunque superiore alla media italiana: 2.477 euro per gli uomini e 1.733 euro per le donne, contro i 2.143 e 1.595 euro registrati a livello nazionale.
Nel 2024, inoltre, l’INPS ha liquidato 17.786 nuovi trattamenti pensionistici nella regione, con un importo medio di 1.445 euro, ancora una volta superiore al dato medio nazionale, fermo a 1.302,44 euro.
Da sottolineare anche un altro aspetto: in Trentino-Alto Adige il 97% delle pensioni è di natura previdenziale, mentre nel resto del Paese la percentuale scende al 55%.
