Un’aggressione durata solo pochi minuti, anche se l’agonia è stata molto lunga. Questa la versione degli inquirenti che stanno ricostruendo la dinamica dell’omicidio di Yara Gambirasio.
L’aggressione di Yara Gambirasio è durata lo spazio di pochi minuti. Nulla in confronto all’agonia straziante che la ragazza ha dovuto subire.
A confermarlo sono gli inquirenti sul delitto di Brembate di Sopra sulla base delle 60 mila pagine della chiusura indagine.
La relazione dell’accusa conferma che il 26 novembre Yara sia andata a consegnare uno stereo in palestra:
“Alle 18.44.14, Yara si trova probabilmente all’interno della palestra intenta ad uscirne; oppure all’interno del cortile del centro sportivo intenta a raggiungere la strada”.
Secondo quanto riprodotto dagli stessi investigatori, ci vorrebbero circa 9 minuti, ma la ragazzina non farà mai quel tragitto. Quando Yara manda un sms ad un’amica, gli inquirenti raccontano:
“In questo momento il ponte ripetitore che aggancia l’utenza di Yara è quello di Mapello, via Natta, in località opposta rispetto alla via che la ragazzina avrebbe dovuto percorrere per rientrare a casa. Fino ad oggi l’utenza di Yara risulta spenta e pertanto non ‘agganciata’ da alcun ponte ripetitore”.
La pista dei cani usati per ritrovare Yara hanno dimostrato che la ragazzina avesse effettuato un percorso differente rispetto a quello supposto inizialmente.
“ln condizioni di normalità Yara, uscendo dal centro sportivo, avrebbe dovuto dirigersi immediatamente alla sua sinistra. I cani specializzati nella ricerca e ricostruzione del percorso molecolare hanno disegnato un cammino esattamente opposto a quello prima ritenuto logico”.
Il ponte ripetitore di Mapello è l’ultimo agganciato dal telefonino di Yara. Lo stesso agganciato da Bossetti.
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L’agenzia di stampa Adnkronos evidenzia che:
“Se il cellulare di Yara per deduzione, è stato spento alle 18.50 e Bossetti ripassa di nuovo davanti alle telecamere di Brembate alle 19.47, a Bossetti restano circa 28-29 minuti nell’ipotesi più favorevole all’accusa, oppure poco più di 20 se si calcola il traffico”.
Ed intanto, il presunto killer è stato intercettato in carcere a Bergamo mentre parlava con il fratello minore.
“Ho paura di perdere tutto io, capito! (…)… non mi fanno più uscire … eh! (…) mi inchiodano qua Fabio! lo so! Voglio sapere se quel Dna è mio, per…come cavolo ci sia finito li, come cavolo si sia trasportato li”.
Al fratello il presunto killer professa la sua innocenza:
“Sono innocente, innocente e lo dirò fino alla fine, (…) lo so che rischio grosso, rischio l’ergastolo; se mi arriverà, se mi daranno la condanna io la faccio finita giuro, perché non è giusto che un innocente deve finire in carcere”.