Nelle sale da giovedì “Il mio amico Nanuk” protagonisti ragazzo di 13 anni e Nanuk, un cucciolo di orso di 4 mesi.

In arrivo giovedì al cinema “Il mio amico Nanuk” la storia di un’amicizia che segnerà per sempre le esistenze dei due protagonisti, Luke e Nanuk, un ragazzino coraggioso e un orsetto pieno di energia. Tutto inizia durante una notte in Devon, zona occidentale del Canada, quando una femmina di orso polare attacca il garage della casa dove vivono Luke e sua zia. Non è la prima volta che succedono episodi di questo tipo, i Ranger intervengono per allontanare l’orsa dal centro abitato sapendo che, se l’animale dovesse tornare, dovranno prendere provvedimenti più drastici.

Ci sono amore e dedizione dietro Il mio amico Nanuk, c’è il mal d’Artico di Brando Quilici, la sceneggiatura scritta con Hugh Hudson, i dettagliati storyboard da sottoporre alla produzione, l’estenuante ricerca di finanziamenti e i viaggi in Cina per conoscere il cucciolo d’orso da affiancare al protagonista umano. Ci sono i ricordi di una vita a girare documentari e il desiderio di varcare i confini del reportage attraverso il coinvolgimento di una mano esperta in sequenze di azione.
In un parola, c’è il sogno di un uomo-bambino diventato realtà.
Non è un caso che all’ultimo Festival del Film di Roma il film sia stato incluso nella sezione Alice nella città, perché guardandolo da adulti si ha l’impressione di tornare ai quei pomeriggi estivi o piovosi in cui si leggevano “Il richiamo della foresta” e “Zanna Bianca”, proiettandosi in una natura selvaggiamente aspra raccontata senza sentimentalismi attraverso gli occhi di animali del Grande Nord.

Ma Luke e Nanuk, uniti nel pericoloso viaggio verso Cape Resolute e mamma orsa, parlano anche al cuore degli adolescenti, perché nella nostra storia c’è un’altra piccola storia: il romanzo di formazione di ragazzo che sposa il rischio e diventa uomo.
La sua avventura viene narrata da Spottiswoode e Quilici con il rispetto di chi studia da vicino il comportamento di una specie e l’accortezza di chi, nell’invenzione, immortala un momento di autentica intimità.
Ripresi da vicino in un agitarsi di mani e zampe, o da lontano, come puntini colorati in un gigantesco universo bianco, bambino e orso sono la quintessenza della tenerezza, dell’affetto senza filtri, del senso di protezione. I registi hanno avuto la buona idea di riprenderli al naturale, senza effetti digitali e sfruttando, come si faceva ai vecchi tempi, i momenti più vivaci e creativi.

E’ tutto vero, insomma, ne Il mio amico Nanuk, a cominciare dalla piaga del riscaldamento globale che sta mettendo a repentaglio la vita di molte specie dei climi freddi. Quilici accenna alla questione, ma non fa la morale, non mette in bocca a un personaggio arringhe e polemiche. La sua preoccupazione la cogliamo nel peregrinare degli orsi adulti o nello scioglimento dei ghiacci che hanno portato al sacrificio della vita del padre del ragazzo.

Toccante nelle scene a due, Il mio amico Nanuk lascia un po’ in sordina i personaggi secondari, a cui non sembrano giovare le due anime del film.  E’ come se venissero schiacciati per fare largo all’estatica contemplazione dei paesaggi e alla purezza dell’amicizia fra i due protagonisti.
Ecco, forse Il mio Amico Nanuk non sempre sfrutta a proprio vantaggio la differenza di stili e approcci che una regia a quattro mani comporta, ma l’entusiasmo e la coraggiosa incoscienza di Brando Quilici trasmettono un calore talmente forte che dimentichiamo i piccoli difetti della sua prima opera di finzione.

DONNAGLAMOUR ULTIM'ORA

ultimo aggiornamento: 16 Maggio 2022 10:18


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