Dalle pareti di casa alla realtà del mondo arabo, la violenza che toglie la libertà di vivere. Quando la parola d’ordine per le donne è “coraggio”.

Una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, ha subito nel corso della propria vita una forma di violenza fisica o sessuale. Parliamo di  6milioni 788 mila vittime, quasi tutte del partner. Questi dati riferiti all’Italia e divulgati dall’ISTAT sembra che rispecchino i paesi di tutto il mondo occidentale.

Donne paralizzate, a volte incapaci di trovare una via di fuga. Donne alle prese con sensi di colpa o di vergogna paradossali.

Poi, in un altro mondo, c’è la Primavera Araba. Una primavera parziale, ancora riservata a pochi fiori. Non certo alle donne, ancora troppo vittime di soprusi e di incivili considerazioni. Donne prigioniere, vendute per 200 dollari, infagottate dalla testa ai piedi contro la loro volontà.

“Le Primavere arabe vinceranno”, dichiarava con vigore nel 2011 Tawakkul Karman, attivista e giornalista yemenita, allora Premio Nobel per la Pace.

“Le donne devono presentarsi come leader e non come vittime. Le primavere arabe, che adesso vivono un momento difficile, non moriranno. Ogni popolo che alza la voce per la libertà avrà la sua vittoria”, motivava a gran voce.

Ma la pace, in certe regioni del mondo, va costruita e i mattoni sono davvero tanti da posizionare. Servono braccia femminili disposte a urlare, a camminare, a correre. A rischiare.

Le pari opportunità, in quel mondo, solo le donne le possono invocare. E non riguardano solo loro, ma anche i bambini.

Malala Yousafzay, a 15 anni si è battuta per difendere il diritto all’istruzione femminile e ha rischiato la morte. La giovane pachistana fu ferita gravemente dai talebani, ma si è salvata e ha continuato con coraggio la sua battaglia. Oggi ha 17 anni e ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2014.

Premio che ha commentato così: “mi rende più forte e coraggiosa. Non credo che il Premio sia stato dato solo a me, ma a tutti i bambini che non hanno voce, ecco perché parlo a nome loro. Tutti i bambini hanno diritto a ricevere un’istruzione di qualità, a non soffrire per il lavoro minorile, per la tratta degli esseri umani. Hanno il diritto di essere felici”.

Mattone, su mattone, donna su donna, il cambiamento parte dalla mentalità, dalla ricerca della propria salvezza, dal definitivo, coraggioso, rifiuto di una schiavitù disumana, non più sopportabile.

E allora, in Siria, ecco che le donne fanno resistenza all’ISIS. Si ribellano. Sono tante, giovani, convinte. Si tolgono il velo e il burqa, salgono a bordo dei pick up e si mettono in fuga dai territori occupati dallo Stato Islamico. Il fotografo freelance Jack Shanine le immortala dopo l’arrivo al Rojava, a nord del Kurdistan, con indosso un vestito a fiori. Abito che di qua, in questo mondo, è anche anonimo, usuale, ma che di là, nel mondo delle Primavere Arabe, diventa commovente.

Punti di vista diversi, violenze diverse. Ma le donne sono tutte uguali e hanno la voce più potente del mondo per rivendicare i loro uguali diritti.

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ultimo aggiornamento: 12 Luglio 2022 12:28


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