Gli utensili neri in plastica da cucina fanno male alla salute? Lo studio che ha fatto discutere

Gli utensili neri in plastica da cucina fanno male alla salute? Lo studio che ha fatto discutere

In molti si chiedono se gli utensili neri in plastica in cucina fanno male o meno alla salute: i risultati di un recente studio in merito.

Negli ultimi mesi, in molti si sono interrogati sulla sicurezza garantita dagli utensili da cucina in plastica nera. Una questione che ha trovato eco sui principali media internazionali, alimentata da uno studio statunitense pubblicato sulla rivista Chemosphere, in cui si ipotizzava la presenza di sostanze potenzialmente nocive, tra cui ritardanti di fiamma bromurati, nei materiali utilizzati per mestoli, spatole e cucchiai. Scopriamo, dunque, cosa è emerso da questa ricerca.

Utensili neri in plastica da cucina, fanno male alla salute? Lo studio

Anche se l’allarme, circa la pericolosità degli utensili neri in plastica da cucina, ha generato una certa apprensione tra i consumatori, è necessario analizzare la questione con lucidità, tenendo in considerazione, in primis, le leggi europee nonché le successive rettifiche emerse all0’interno della comunità scientifica.

Nel mirino dello studio, firmato da un gruppo di ricerca legato a Toxic-Free Future, vi era il BDE-209, composto chimico vietato da tempo nell’Unione Europea nei materiali a contatto con gli alimenti.

Mano di un uomo tiene utensili in plastica nera per la cucina -www.donnaglamour.it

Questo tipo di sostanza, utilizzata in passato per ridurre la propagazione delle fiamme nei dispositivi elettronici, non ha utilità negli utensili domestici, che non sono soggetti a rischio d’incendio durante l’’uso quotidiano. L’eventuale presenza dello stesso sarebbe riconducibile all’’’utilizzo di plastica riciclata non conforme.

A questo proposito, è importante sottolineare che la legislazione europea attua criteri estremamente severi per l’immissione sul mercato di utensili destinati all’uso alimentare. L’EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare – valuta attentamente le sostanze presenti e se possono migrare nei cibi, autorizzando esclusivamente i materiali compatibili con elevati standard di sicurezza.

Un allarme ridimensionato da errori metodologici

Lo studio americano, a ben vedere, si basava su un campione di 203 prodotti, dei quali solo una minima percentuale presentava tracce effettive di ritardanti. Eppure, gran parte della comunicazione mediatica si è concentrata su un dato fuorviante: l’85% di contaminazione, calcolato unicamente su un sottogruppo selezionato e non rappresentativo del totale.

A ciò si aggiunge un macroscopico errore nel calcolo dell’esposizione giornaliera ipotetica: il valore inizialmente indicato come preoccupante si è rivelato essere dieci volte inferiore alla soglia di rischio effettiva. Una svista corretta in seguito, ma che non ha impedito, nei fatti, che insorgessero timori che, in definitiva, erano infondati.