Scoppia la guerra: cosa può succederti se sei un dipendente pubblico

Scoppia la guerra: cosa può succederti se sei un dipendente pubblico

Cosa accade al dipendente pubblico in caso di guerra? Come tutti gli altri, è obbligato al richiamo alle armi: ecco tutte le condizioni.

Anche se la leva militare è sospesa, non vuol dire che sia stata abolita. Pertanto, in caso di guerra, anche il dipendente pubblico, se necessario, deve fare il possibile per difendere la Patria. Vediamo quali sono i suoi diritti e i suoi doveri e cosa cambia da un punto di vista retributivo.

Dipendente pubblico: cosa succede in caso di guerra?

Stiamo vivendo un periodo storico delicato e la guerra, fino a qualche tempo fa relegata ai libri di storia, non appare più come uno scenario irrealizzabile. L’articolo 52 della nostra Costituzione recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica“. Questo significa che se dovesse esplodere un conflitto, anche il dipendente pubblico deve adempiere ai suoi doveri.

E’ bene fare una precisazione. In Italia, la leva militare è sospesa, non abolita, quindi quanto vengono chiamati alle armi non possono rifiutarsi per legge. In caso di guerra, i primi ad essere coinvolti sono i membri delle forze armate in servizio, poi se non sono sufficienti vengono richiamati i riservisti, ossia i civili che hanno terminato il servizio da meno di 5 anni e hanno meno di 56 anni. Infine, se necessario tocca ai civili mai arruolati, donne comprese, fino ai 45 anni.

Tra stipendio e futuro lavorativo

L’articolo 990 del D.Lgs. 15 marzo 2010 n. 66, noto come Codice dell’ordinamento militare, recita: “Il richiamo alle armi per qualunque esigenza delle Forze armate dei dipendenti di pubbliche amministrazioni, sospende il rapporto di lavoro per tutto il periodo del richiamo stesso e il predetto personale ha diritto alla conservazione del posto. Il tempo trascorso in servizio militare da richiamato e fino alla presentazione per riprendere il posto di lavoro è computato agli effetti dell’anzianità di servizio“.

Pertanto, il dipendente pubblico, terminata la chiamata alle armi, ha diritto a conservare il proprio posto di lavoro, a meno che, nel frattempo, non abbia raggiunto l’età pensionistica. La retribuzione è sempre la stessa, ma se dovesse esserci una differenza con lo stipendio assegnato dagli organi militari la pubblica amministrazione si farebbe carico della differenza.

Inoltre, i richiamati godono pure delle altre indennità a carattere fisso e continuativo, fatta eccezione per l’indennità integrativa speciale, dovuti dall’amministrazione di origine, che ne assicura la diretta corresponsione all’interessato. Ovviamente, i contributi previdenziali continuano ad essere sempre versati, anche durante il richiamo alle armi.