Era il 2 luglio 2004, quando Marlon Brando a 80 anni moriva sulla collina di Los Angeles, da solo e, come riportarono le cronache, senza un dollaro nonostante i numerosi film di grande successo che l’hanno visto come grande protagonista.

Senza ombra di dubbio una delle icone di Hollywood, era il 2 luglio 2004, quando Marlon Brando a 80 anni moriva sulla collina di Los Angeles. Marlon Brando incarnava l’esempio per eccellenza dell’attore americano, bello, dannato, controverso, sensibile e autodistruttivo, in possesso di un talento tanto generoso quanto sprecato.

La fine dell’interprete è stata quella delle grandi star, ormai lontano dai riflettori e caduto in disgrazia, pieno di debiti e in ritiro sulle colline di Los Angeles dalle quali non si era mai voluto spostare. Protagonista di film di indubbio successo, da ‘Fronte del porto” a “Bulli e pupe”, da “Giulio Cesarè” a ‘”Viva Zapata”, da “Apocalipse Now” a “Ultimo tango a Parigi”, solo per citarne alcuni, Brando durante la sua carriera è stato apprezzato per l’intenso realismo che aveva portato nel mondo del cinema, anche grazie all’apprendistato presso la scuola di Stella Adler e l’Actors Studio di Lee Strasberg e di Elia Kazan, che poi lo avrebbe scelto come l’aggressivo e arrogante Stanley Kowalski di Un tram che si chiama Desiderio del 1951.

Uomo di grande fascino, eterno ragazzino, Brando amò, sedusse e abbandonò donne bellissime ed ebbe una vita folle e chiacchierata, sempre sotto l’occhio dei media, ma era anche un uomo intelligente, sensibile, pronto a sposare con passione la causa dei più deboli e degli sfruttati dai padroni del mondo, come dimostrano le sue celebri iniziative a favore dei depredati indiani d’America e degli afroamericani. Generoso con tutti, Brando dilapidò in parte un immenso patrimonio, accresciuto in vecchiaia da ruoli cammeo per cui si faceva pagare una fortuna.

Una carriera sfavillante quella di Brando, ma non così la vita privata.

Gli ultimi dieci anni della sua vita erano stati terribili e ne avevano sicuramente accelerato la morte: nel 1993 il turbolento figlio Christian aveva ucciso il manesco fidanzato della sorellastra Cheyenne, la prediletta del grande attore. Brando, già molto corpulento e invecchiato anzitempo, aveva reso una storica testimonianza in tribunale, in cui aveva fatto pubblica ammenda dei suoi errori come padre. Due anni dopo, l’amata figlia di Brando si impiccava, causandone il primo di molti ricoveri in ospedale.

Due anni prima della morte di Marlon Brando, una ex cameriera, Maria Christina Ruiz, gli aveva fatto causa per 100 milioni di dollari sostenendo di essere la madre di tre suoi figli e di convivere con lui da 14 anni. Pur di non pagare, Brando aveva esibito in tribunale la denuncia dei redditi da cui risultava una pensione da seimila dollari al mese integrata da un assegno mensile della sussistenza sociale da 1.856 dollari.
 
In una delle due sue biografie, entrambe negative per lui, John Parker, ha scritto: “Marlon Brando aveva una enorme carica sessuale, aveva bisogno di almeno una o due donne al giorno, ma tutta questa frenesia non era che un modo per dimenticare il suo pronunciatissimo lato omosessuale”. In una delle sue ultime interviste, l’indimenticabile Kowalski di “Quel tram che si chiama desiderio” dichiarò: “Il cinema uccide l’individuo. Tanti anni buttati via. Mi hanno appesantito fisicamente, mentalmente, spiritualmente”.

Anche se a fasi alterne Brando aveva continuato a lavorare fino al 2001, e progettava un ritorno al cinema, nel ruolo di se stesso, per un giovane regista tunisino, l’attore e l’uomo meraviglioso che aveva cambiato per sempre l’arte della recitazione, non esisteva più. Abbandonato il paradiso di Tetiaroa, viveva da recluso con la governante/amante che gli aveva dato altri figli (in tutto ne ebbe 13) e col conforto delle visite dell’amico e vicino di casa Jack Nicholson, di Johnny Depp e Michael Jackson.

Emanuela Bertolone.

DONNAGLAMOUR ULTIM'ORA

ultimo aggiornamento: 21 Marzo 2022 9:47


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